(Ri)leggere le Lettere di sant'Ignazio
Un giovane portoghese si chiedeva come poteva conciliare gli studi che stava facendo con la vocazione che l’aveva portato a entrare nella Compagnia di Gesù. La questione alla quale Ignazio dà qui una breve risposta fa l’oggetto di parecchie altre lettere (cf. Epp 169: I, 508-509; 1848: III, 502; 1854: III, 510-11). Sulla strada («via quaedam»: FI 1) che questo Brandão ha scelta, l’essenziale non sta, gli si spiega, nelle pratiche esteriori di orazione quanto nell’atteggiamento interiore e nella disposizione a cercare e trovare Dio in tutte le cose (cf. MHSJ 73, 123). È la via dei «perfetti» che «per l’assidua contemplazione e illuminazione della mente, considerano, meditano e contemplano maggiormente che Dio Nostro Signore è in ogni creatura secondo la sua propria essenza, presenza e potenza» (Ej 39); dei «perfetti» che quindi, «con maggiore carità si consacrano all’aiuto e al servizio di tutti, per amore della sua divina maestà, sia nelle occupazioni di maggiore importanza, sia nelle altre più umili e ordinarie» (Co 13). Fra queste occupazioni giuoca un ruolo importante per uno studente l’applicazione alle lettere praticata con intenzione pura.
A Antonio Brandão
1° giugno 1551
Dato lo scopo degli studi, gli studenti non possono fare lunghe meditazioni oltre gli esercizi prescritti per la loro vita spirituale: messa quotidiana, un’ora di preghiera e di esame di coscienza, la confessione e la comunione ogni otto giorni. Ma possono esercitarsi a cercare la presenza di Nostro Signore in tutte le cose, come nel conversare con qualcuno, andare, vedere, gustare, udire, pensare, e in tutto ciò che facciamo, poiché è vero che la sua divina Maestà è in tutte le cose per presenza, potenza ed essenza. E questa maniera di meditare trovando Dio nostro Signore in tutte le cose, è più facile che elevarsi alle cose divine più astratte, nel renderci presenti ad esse con sforzo; e questo buon esercizio ci disporrà a ricevere grandi visite del Signore, anche in una breve orazione. Inoltre, uno può esercitarsi pure nell’offrire molte volte a Dio nostro Signore i suoi studi e gli sforzi richiesti, considerando che è per amore di lui li accettiamo, lasciando dietro i nostri gusti, così che serviamo in una cosa o l’altra sua Maestà, aiutando quelli per la cui vita egli morì.
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