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6. Convertire l'affetto carnale in un amore ordinato a Dio

(Ri)leggere le Lettere di sant'Ignazio



Il giovane napoletano Ottaviano, desideroso di entrare nella Compagnia malgrado l’opposizione della sua famiglia, si era imbarcato clandestinamente per la Sicilia volendo raggiungere il collegio di Messina. Ignazio, dopo una prima lettera in cui cercava di rasserenarli, aveva scritto ai genitori di non stupirsi che il loro figlio «preferisse il servizio e il beneplacito di Cristo a quello di sua madre o di qualche altra creatura» (Epp 3706: V, 418-420). Ma loro insistevano perché egli tornasse nel paese natale. Il santo, quindi, risponde che un’eventuale visita andrebbe decisa in base alla «salute della [sua] anima» (Ej 1). Lo spirito nel quale li invita a entrare è quello della santa indifferenza (Ej 23, 179), cosicché «l’amore che li muove» nel desiderare questa visita, «discenda dall’alto, dall’amore di Dio nostro Signore» (Ej 338). Era proprio quanto aveva auspicato in una lettera del 1541 a Magdalena, la sorella maggiore alla quale era particolarmente attacato: che, con la grazia divina, «cresciamo sempre nell’amare in ogni cosa l’infinita e somma bontà del Signore, ponendo, non in parte ma in tutto, tutto l’amore e desiderio in Lui, e per Lui in tutte le creature» (Epp 29: I, 170).


A Niccolò Pietro Cesari

(19 novembre 1553)

Ho ricevuto la lettera di V. Sria, dove con tutta la moderazione possibile rappresenta il suo desiderio di compiacere la sua consorte con la visita di Ottaviano. E veramente, in quanto si potesse [farlo] senza pregiudizio di questo Ottaviano e del servizio di Dio in lui, sarebbe a me molto caro soddisfare le viscere di una madre, dando anche doppia consolazione a V. Sria, come pare la riceverebbe, vedendo tranquillizzarsi la madre e avendo dinanzi il figliolo. E quando ci risolvessimo di farlo venire a Roma, questo si farebbe, lasciandolo qualche giorno a Napoli per poi terminare il suo viaggio. Ma perché non conviene violentare neppure inquietare la mente di Ottaviano, mettendolo in un pericolo maggiore di quello che può sopportare soavemente, prima che si risolva la sua venuta, bisognerà vedere la disposizione del suo animo e volontà. Quindi, io non posso offrire altro che la volontà prontissima a fare quanto mi sarà possibile nel Signore nostro, quello che l’illustrissimo Signor Duca e anche V. Sria mostra di desiderare. Si degni la divina e somma bontà di convertire a se stessa tutto il nostro amore e affetto, cosicché amiamo le altre sue creature secondo lui e non diversamente. A tutti poi dia grazia abbondante per conoscere ed eseguire sempre sua santissima volontà.

CB II/3_1 [Epp 3920: V, 710]

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