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19. Equilibrio

(Ri)leggere le Lettere di sant'Ignazio



«L’anima che desidera progredire nella vita spirituale […] procuri di stabilirsi saldamente nel giusto mezzo» (Ej 350), nella «giusta misura che le conviene» (Ej 213). Ignazio vuole che in tutto, anche nel sonno, «giungiamo al giusto mezzo» (Ej 84). «Mirare alla temperanza e a una perfetta moderazione» (Ej 229): è questa la regola che egli dà a un giovane studente che aveva inviato da Roma per insegnare nel collegio di Tivoli. A questi, tentato di lasciare il proprio compito per dedicarsi, con tutte le sue forze spirituali, al combattimento contro gli assalti della sensualità, risponde che la penitenza che si doveva fare in un primo tempo, non è il mezzo sempre più adatto quando uno è impegnato in un compito ricevuto nell’obbedienza. Il santo non sottovaluta il lodevole sforzo di chi vuole «andare contro la propria sensualità» (Ej 97), ma a tale scopo conviene meglio dare al corpo e all’anima il riposo che giova alla vita spirituale (cf. Ej 129). Per sapere come regolarmi, è necessaria anzitutto l’indifferenza. Se «mi trovo come nel mezzo di una bilancia», posso «seguire quello che sento essere più a gloria e lode di Dio N.S. e per la salvezza della mia anima» (Ej 179).



A Stefano Casanova

(20 luglio 1556)


Mtro. Stefano carissimo. Ho ricevuto la vostra, dove dite come cosa certa che la repressione della sensualità è ciò che vi toglie le forze, e così siete risoluto a dedicarvi all’occupazione principale, quella dell’anima. Per prima cosa: benché sia cosa facile che in parte la vostra debolezza venga dalla repressione di cui scrivete, non credo che quest’ultima ne sia tutta la causa; anche gli esercizi mentali, soprattutto intempestivi et immoderati, devono fare la loro parte: dunque, osservate quello che vi ho detto finché non mi scriverete altro e non vi si conceda di mutare quell’ordine. E poi, questa repressione può essere in due modi: uno, se, accorgendovi con la ragione e il lume di Dio di qualche movimento della sensualità o parte sensitiva contro la divina volontà in modo che sia peccato, lo reprimete col timore e amore di Dio; e questo è ben fatto, anche se ne derivasse debolezza e qualsiasi male del corpo; che non si deve far peccato alcuno né per tali considerazioni né per altre. Altro modo di reprimere detta sensualità è quando lei appetisce alcune ricreazioni o cose lecite, dove non c’è peccato alcuno, ma per desiderio di mortificazione e di croce si nega quello che ricerca; e questa seconda repressione né a tutti né in ogni tempo è conveniente, anzi alle volte, per poter durare con forze alla lunga nel servizio divino, è maggior merito prendere alcune oneste ricreazioni dei sensi piuttosto che reprimerle: e da questo capirete che la prima specie di repressione vi conviene, e non la seconda, anche se avete animo di camminare nella via più perfetta e gradita a Dio.

CB XIV/3_1 [Epp 6699: XII, 151-152]


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