(Ri)leggere le Lettere di sant'Ignazio
Al momento della sua conversione, Ignazio ha sentito come le «fiamme» del «giudizio» divino «toccano e abbracciano» (Ej 71, 78) la sua anima di peccatore, ma anche come per la sua «misericordia» Dio gli aveva «dato vita sino a ora» e gli ispirava il «proposito di emendarsi con la sua grazia per l’avvenire» (Ej 61). In una visione del 11 febbraio 1544 egli aveva poi scorso in quel fuoco la presenza della terza Persona divina: «Mi pareva di vederlo, o sentirlo, come luce intensa o colore di fiamma di fuoco, insolita» (De 14). Oramai i «desideri così infiammati nel Signore» (Co 102) che muovevano il suo «animo generoso e acceso di Dio» (Au 9) erano semplicemente di «poter meglio servire Dio Nostro Signore» (Ej 155). In questo fuoco della carità si auspica ardano i suoi figli per poterlo anche accendere in tutti gli uomini: è quanto scriverà due anni dopo detta visione a un sacerdote grande amico dell’Ordine nascente in riferimento alle accuse mosse contro i gesuiti da un francescano membro del Sant’Ufficio.
A Doimo Nagio
(10 agosto 1546)
Dica al p. Fray Barbarán che, come egli dice che se trova alcuni dei nostri [compagni] tra Perpignano e Siviglia, li farà bruciare, io dico e desidero che lui e tutti i suoi amici e conoscenti, non solo quelli che si trovano tra Perpignano e Siviglia, ma quanti si trovano in tutto il mondo, vengano incendiati e bruciati dallo Spirito Santo, perché tutti quanti, arrivati a molta perfezione, si segnalino molto per la gloria della sua divina Maestà.
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