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52. Indifferenza e amore

(Ri)leggere le Lettere di sant'Ignazio

La volontà di Dio riposa sempre in Dio stesso. Sant’Ignazio si aspetta da noi che le sottomettiamo la nostra, anzi che essa diventi la sola cosa importante, di fronte alla quale tutte le altre cose appaiono uguali. «Farsi indifferente» (Ej 23) significa lasciare che Dio faccia di queste cose ciò che devono essere per noi. Nel caso del suo corrispondente, un giovane gesuita portoghese, che era stato chiamato a continuare i suoi studi a Roma ma che si era ammalato, il santo vuol portarlo a riconoscere nella prova un’indicazione della volontà divina. Non si prefigge lo scopo che la malattia non faccia più impressione su di lui ma piuttosto che faccia l’impressione che Dio ha prevista e, quindi, che egli orienti verso Dio la propria volontà. Se la cattiva salute ora non solo lo affligge ma esige da lui una dolorosa rinuncia, può anche divenire causa di gioia purché egli sappia che ha il suo senso in Dio. Intanto, Ignazio gli mostra molta attenzione e affetto, con il desiderio di consolarlo quanto più gli sia possibile. Vorrebbe che la sua anima fosse «attratta tutta nell’amore di sua divina Maestà» (Ej 330) e «dall’alto, dall’amore di Dio nostro Signore» (Ej 338), «trovandosi come nel mezzo di una bilancia» (Ej 179), seguisse gioiosamente quello che è più a gloria di Lui e a salvezza della sua anima.




A Teutonio de Braganza

1° gennaio 1554

Dalle lettere del commissario, M. Nadal, ho inteso che Dio N.S. vi ha visitato, fratello carissimo, con una non leggera malattia. Sono veramente persuaso nella sua divina bontà, che tutto sarà stato per una salute ben più importante e vostri meriti e esercizio della vostra virtù e che avrete cercato di ricavare il frutto che Dio N.S. vuole che si ricavi da tali visite: non meno con le medicine amare che con le consolazioni più gradevoli la sua sapienza e carità infinita cerca infatti il nostro più grande bene e perfezione. Con questo spero udir presto notizie della vostra salute e del suo divino aiuto con cui la userete, sono persuaso, a suo grande servizio. Circa la vostra venuta qui, benché mi fosse di consolazione nel Signore nostro, e tanta, davvero, tuttavia, vedendo che dopo tanto tempo non si è aperto per voi il modo di adempiere questo desiderio di entrambi, e tenendo conto della vostra malattia, mi pare che si sospenda per ora la vostra venuta. E per maggiore profitto vostro nelle lettere e anche consolazione di spirito, recatevi a Cordova e lì portate avanti il vostro studio. E le altre cose di cui potreste aver preoccupazione, lasciatele, stando certo che ne avrò sufficientemente cura, e che tutto finalmente ridonderà a maggiore servizio e gloria di Dio N.S. Che la sua infinita e somma bontà dia a tutti la grazia perfetta per conoscere e fare la sua santissima volontà.

CB II/5_4 [Epp 4031: VI, 130-131)










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