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22. O la regola o il coniuge

(Ri)leggere le Lettere di sant'Ignazio



Ignazio distingue, conformemente all’antica Tradizione confermata dal Concilio di Trento (Ej 356), due forme di vita fra le quali il cristiano deve scegliere, riconducendole a un’unica perfezione (Ej 135), convinto che la più grande perfezione soggettiva consista nell’aprirsi con santa indifferenza (ES 179) allo stato particolare – la verginità consacrata o il matrimonio – che Dio ha predisposto per lui e gli dà da abbracciare con una decisione irrevocabile (Ej 171-72). Al rettore del collegio di Bologna il santo suggerisce di guidare una giovane verso una tale elezione, tenendo conto, però, che la risposta, come nel caso di Pietro e di Andrea (Ej 275), può avvenire a tappe.





A Francesco Palmio

12 maggio 1554


Monsignor Giglio ha nelle vostre parti una sua nipote, figlia di sua sorella, che finora non si è risolta né a farsi monaca né a maritarsi. Ora questi signori, i suoi parenti, gradirebbero che la R.V. vedesse di disporla, o per entrare in qualche monastero (il che, senza paragone, sarebbe meglio per lei, consacrandosi come si deve al suo Creatore), o allo stato matrimoniale. Cosicché V.R. userà tutta la diligenza possibile acciocché ella si disponga a servire il Signore o nell’uno o nell’[altro] stato. […] Se pure paresse a V.R. che lei stia meglio per adesso dove si trova, la confermi [in questo] e ci dia avviso alla prima occasione, in modo da rispondere a detto monsignor Giglio, oppure V.R. gli risponda che lui e tutti noi vogliamo il meglio.

CB VIII/3_2 [Epp 4444: VI, 694-695]



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