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36. Sul buon uso delle cose create

(Ri)leggere le Lettere di sant'Ignazio



Il duca Ascanio Colonna, che già si era coinvolto nel sacco di Roma del 1527, continuò il suo conflitto con il Papa, questa volta per motivi fiscali durante la cosiddetta «guerra del sale», arrivando ad un vero e proprio scontro armato tra il suo esercito e le truppe papaline. Non era questo il solo motivo della preoccupazione di Paolo III nei suoi riguardi: essa concerneva anche il suo matrimonio. Ascanio aveva sposato Giovanna d’Aragón e la loro unione – in realtà contratta per motivi politici – era segnata da ripetute discordie e si avviava ad una rottura. A quest’uomo, implicato anche in tortuose controversie di eredità, instabile nella sua condotta e sempre più isolato, Ignazio aveva inviato in un primo tempo Bobadilla. Ma, fallita questa prima missione, viene incaricato Aaroz di dare al duca una sua lettera personale, con la quale egli cerca di portarlo ad un retto uso delle cose create, come lo descrive il Principio e fondamento (Ej 23).





A Ascanio Colonna

(15 aprile 1543)

Sa bene Dio N.S., che mi giudicherà per l’eternità, quanto sia stato e sia sempre fermo nella mia anima l’intenso desiderio di servire V. E. nel Signore nostro, auspicando la sua piena prosperità e serenità nel cielo e sulla terra a maggior gloria e lode della sua divina ed eterna bontà, giacché per noi una cosa è buona in questa vita quando ci aiuta per quella eterna, e cattiva quando ci è di ostacolo. Così sperimentando in terra questi effetti contrari, rischiarata e illuminata dall’eterna rugiada l’anima pone il suo nido in alto, e tutto il suo desiderio nel non desiderare altro che Cristo e Cristo crocifisso, affinché crocifisso in questa vita salga risorto all’altra. Termino chiedendogli e invocando la sua infinita e somma bontà perché voglia darci in abbondanza la sua grazia perché sentiamo la sua santissima volontà e compiamo eternamente.

CB II/5_2 [Epp 63: I, 254-255


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